Antichi miti attribuiscono la fondazione della città a personaggi diversi. Le origini di Praeneste vennero ricondotte ora a Prainestos, figlio di re Latino e nipote di Ulisse, ora a Telegono, figlio dello stesso Ulisse e di Circe, o ancora a Caeculus, figlio del dio Vulcano. L’indagine archeologica, invece, ancora le prime fasi di occupazione dell’area di Palestrina al cosiddetto “secondo periodo laziale”, verso la fine dell’VIII secolo a.C., epoca alla quale riconducono i pochi oggetti di corredo, rinvenuti in sporadiche sepolture a incinerazione scavate ai margini dell’antica via Prenestina. Questi pochi dati hanno comunque permesso di ipotizzare l’esistenza di un abitato protostorico, la cui esatta localizzazione è ancora incerta, che era forse strutturato in comunità sparse in diversi villaggi, secondo un sistema diffuso nel Lazio dell’epoca. Anche per il periodo immediatamente successivo, la cosiddetta epoca “orientalizzante” , (fine VIII-fine VII secolo a.C.) sono le necropoli, ad informarci sulla città dei vivi. La continuità di vita, che si è sviluppata per 2800 anni sul sito che oggi chiamiamo Palestrina, ha distrutto, infatti, le tracce più antiche e labili del passato, lasciando, curiosamente, solo le sepolture, e i loro corredi. Nel VII secolo a.C., dunque, Praeneste comincia a sfruttare la sua rendita di posizione, la centralità della città nel sistema di scambi dell’epoca è testimoniata proprio dai ricchi corredi delle tombe, i cui preziosi oggetti dimostrano contatti e scambi con tutte le popolazioni del Mediterraneo, in particolare, con gli Etruschi. La qualità artistica, ed il valore di questi reperti, oltretutto, sono indice di un’avvenuta differenziazione all’interno della società prenestina, nella quale comincia ad emergere un’aristocrazia, evidentemente legata alle attività commerciali. Tra VII e VI sec. e fino alla metà del V sec. a.C. Praeneste intrattiene, infatti, rapporti particolarmente intensi anche con il mondo italico, in particolare con i popoli del retroterra appenninico e con il Piceno: lo dimostrano i rinvenimenti sia di alcuni caratteristici oggetti di ornamento femminile che tipici elementi dell’armamento del guerriero, come i dischi-corazza bronzei, importati da queste zone o addirittura prodotti a Palestrina su modelli provenienti da quelle aree. Mentre i monili fanno pensare all’arrivo nella città di donne straniere, andate in spose a prenestini, le armi di tipo italico suggeriscono la possibile esistenza di fenomeni di mercenariato. Per il periodo successivo le testimonianze offerte dalla necropoli sono molto più esigue, anche se dimostrano comunque una continuità di rapporti con l’Etruria, e potrebbero far supporre un periodo di crisi della città, almeno fino alla fine del VI sec., anche se è possibile che tale vuoto di documentazione dipenda dalla dispersione subita dal materiale durante gli scavi ottocenteschi. Ma già con la prima metà del V sec. gli oggetti di pregio sono di nuovo più numerosi e permettono di supporre che nella città esistesse ancora una classe sociale agiata, in grado di far confezionare raffinati oggetti d’ornamento e bronzi, di produzione sempre etrusca, ma ora provenienti in particolare dall’alta valle del Tevere, soprattutto da Chiusi e Volsinii, città che proprio in questo periodo attraversano una fase di fioritura e di espansione. In ogni caso il fatto che il numero degli oggetti di corredo funerario delle singole sepolture si contragga in questo periodo, corrisponde ad un fenomeno comune a Roma (noto nella necropoli dell’Esquilino) e alle altre città latine, e che deriva probabilmente da specifiche norme giuridiche, le cosiddette leggi suntuarie, di origine greca. Queste leggi erano tese proprio a limitare il lusso negli usi funerari. Infatti, parallelamente alla riduzione e semplificazione dei corredi tombali, si nota a Praeneste, come nelle altre città latine, una fioritura ed un arricchimento dei santuari, sia nella decorazione architettonica che nella quantità delle offerte votive, indicando così una diversa destinazione dell’accumulo delle ricchezze. Mentre i reperti archeologici documentano quindi la ricchezza e l’importanza di Praeneste in età orientalizzante e arcaica, le prime notizie tramandate dagli autori antichi risalgono solo all’inizio dell’epoca repubblicana, quando se ne ricordano i rapporti con la lega latina. Dall’inizio del secolo successivo diventano assai più consistenti sia le notizie delle fonti letterarie che i reperti archeologici, consentendo una ricostruzione della vita della città più completa e articolata. Praeneste intraprende frequenti lotte con Roma, già nel 380 a.C., il comandante romano Cincinnato la conquista, portando a Roma, come bottino di guerra, la statua di Giove Vincitore, che dedicò sul Campidoglio. Seguirono altre rivolte che portarono la città ad allearsi dapprima con i Galli nel 358 a.C. in funzione antiromana, e a partecipare alla guerra latina, con la conclusione della quale, nel 338, finì per essere definitivamente sottomessa da Roma. Praeneste venne così privata di una parte del suo territorio e perse sensibilmente di importanza, tanto che anche le fonti letterarie sulla città diventano da questo momento più esigue. Sappiamo soltanto che durante la seconda guerra punica un pretore prenestino, M. Anicio, si distinse nella strenua difesa di Casilinum contro l’avanzata di Annibale, e che dopo la conclusione di questa guerra la città divenne luogo di confino per i prigionieri. Alla fine del II sec. si assiste ad una nuova sensibile rinascita della città, che vive una fase di grande prosperità documentata principalmente dalla imponente ristrutturazione urbanistica e monumentale, che riguarda gran parte degli edifici pubblici, sia di carattere civile che sacro. I prenestini infatti, come altri cittadini di molti centri del Lazio, approfittando delle guerre di Roma in Oriente, avviarono con queste aree del Mediterraneo delle floride e intense attività mercantili, basate sostanzialmente sul traffico degli schiavi, che si protrassero per quasi un secolo e che furono fonte di un notevole e improvviso arricchimento. A Delo, che era il maggiore mercato di schiavi del Mediterraneo, le iscrizioni testimoniano la partecipazione economica di personaggi di Praeneste alla costruzione della monumentale agorà detta degli Italici. Questa consistente disponibilità di capitali determinò la realizzazione di nuove costruzioni o la ricostruzione in forme monumentali degli edifici principali, fino a trasformare profondamente l’aspetto urbano. A queste operazioni edilizie dovettero partecipare le principali, e più ricche famiglie prenestine dell’epoca, a dimostrazione di ricchezza e potenza o come mezzo di propaganda, anche politica, per quelle stesse famiglie. Il più imponente di questi interventi edilizi è rappresentato dal complesso del santuario della Fortuna Primigenia ricostruito nelle grandiosi forme ellenistiche oggi ancora, parzialmente visibili, ma coinvolse anche la città antica nel suo complesso:furono realizzati nuovi edifici monumentali e si modificarono profondamente molti di quelli esistenti. Sappiamo dalle fonti che, all’inizio del I secolo a.C., dopo la guerra sociale, la città ottenne la cittadinanza romana, trasformandosi in municipio, e che durante la guerra civile tra Mario e Silla parteggiò per il primo. Un suggestivo brano di Appiano racconta le vicende di Praeneste durante questi anni, quando in essa trovò rifugio il figlio di Mario, Mario il Giovane, dopo la sconfitta di Sacriportum (82 a.C.). Egli, non potendo trovare scampo dopo la disfatta delle forze militari che dovevano soccorrerlo, e vedendosi chiuso nella città assediata, si suicidò. Silla si vendicò con ferocia verso la città nemica, massacrando tutti i maschi prenestini adulti. Questo racconto trova una stupefacente corrispondenza nelle iscrizioni arrivate fino a noi, poiché i nomi delle famiglie prenestine più eminenti dell’età medio repubblicana non sono più attestati dopo questa data. I gentilizi dei magistrati posteriori all’82 sono quasi totalmente nuovi e appartengono probabilmente ai componenti della colonia militare che Silla insediò a Praeneste dopo queste vicende. La storia di Palestrina durante l’età imperiale ci è meno nota, essa affrontava una situazione di discreta prosperità, anche se non confrontabile con gli splendori dell’età repubblicana. In età augustea i monumenti e i reperti archeologici segnalano comunque una certa ripresa ed una discreta floridezza della città e dalle fonti conosciamo anche una relativa attenzione per Praeneste da parte delle famiglie imperiali. Tiberio vi possedette una residenza, nella quale tra l’altro guarì da una grave malattia, tanto che per dimostrare la sua gratitudine, conferì alla città la condizione di municipio. Anche l’imperatore Adriano vi possedette una villa, sicuramente identificabile con i resti di strutture antiche venuti in luce al di sotto del cimitero moderno.